martedì 26 gennaio 2016

L'EX MOGLIE STRANIERA CONSERVA IL COGNOME DEL MARITO ANCHE DOPO IL DIVORZIO | Maria Grazia Fumarola

Nel nostro sistema interno di diritto di famiglia, il cognome del marito può costituire un'integrazione dell'insieme dei segni identificativi che compongono complessivamente il nome (come già rilevato comprensivo anche del cognome o dei cognomi), quando vi sono le condizioni previste dalle norme che lo disciplinano,.
Tale circostanza è  diversa da quella caratterizzata da un unico cognome che si chiede di conservare in funzione dell'esercizio del diritto alla continuità dei caratteri distintivi della propria identità personale, altrimenti mutata.
Nell'unica ipotesi disciplinata dal nostro diritto di famiglia, invece, il cognome del marito è un elemento integrativo ma non sostitutivo del cognome, con la conseguenza che la sua eliminazione non determina alcuna soluzione di continuità con riferimento alla prevalenza dei segni distintivi che compongono il nome, permanendo il prenome ed il cognome assunto con la nascita.

IL FONDO DI SOLIDARIETÀ PER LE VITTIME DI ESTORSIONE ED USURA | Alessandra Lucchetti

L'estorsione, conosciuta anche come racket o 'pizzo', e l'usura sono forme di criminalità che minano alle fondamenta le possibilità di crescita e sviluppo di una comunità, e più di altre alimentano il potere dei gruppi criminali sul territorio. Per sostenere le vittime - operatori economici, famiglie o singole persone - che vogliono ripartire nella legalità e per incentivare la denuncia dei fenomeni, lo Stato interviene principalmente con 2 strumenti: il Fondo di solidarietà per le vittime del racket e dell'usura e il Fondo di prevenzione per le vittime dell'usura.
Il Fondo di solidarietà concede benefici economici - elargizioni alle vittime di estorsione o mutui agevolati alle vittime di usura - a chi denuncia gli episodi. La domanda si presenta alla prefettura che la inoltra al Commissario straordinario del Governo antiracket e antiusura, il quale presiede il Comitato di solidarietà, competente a esaminare le istanze e deliberare sulla concessione o meno del beneficio richiesto. Possono presentare domanda i soggetti direttamente danneggiati, soggetti terzi danneggiati, i superstiti, gli ordini professionali, con il consenso dell'interessato, le organizzazioni e associazioni antiracket e antiusura con finalità di assistenza e solidarietà.

lunedì 18 gennaio 2016

TAVOLA SINOTTICA DEI REATI DEPENALZZATI

Con l’approvazione definitiva del decreto legislativo sulla depenalizzazione, varato dal governo Renzi, 41 reati penali presenti nel codice penale e nelle leggi speciali sono stati depenalizzati in illeciti di tipo amministrativo e puniti con delle salatissime sanzioni pecuniarie.

venerdì 15 gennaio 2016

ACQUISIZIONE SANANTE ART 42 BIS DPR 327/2001 – A CHI SPETTA LA GIURISDIZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA INDENNITÀ DI INDENNIZZO?

L'articolo 42-bis del Testo Unico sulle espropriazioni ha reintrodotto la possibilità, per l'amministrazione che utilizza senza titolo un bene privato per scopi di interesse pubblico, di evitarne la restituzione al proprietario (e/o la riduzione in pristino stato), attraverso un atto di acquisizione coattiva al proprio patrimonio indisponibile. 
Ma la controversia avente ad oggetto la domanda di determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, citato articolo 42-bis, è attribuita alla giurisdizione del Giudice ordinario ovvero a quella del Giudice amministrativo? Ebbene con una recente sentenza il Consiglio di Stato chiarisce come le questioni relative alla quantificazione del ristoro dovuto ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001 debbano ritenersi devolute alla giurisdizione ordinaria, ai sensi dell'art. 133, lett. g), c.p.a.  (cfr. Cass. Civ., Sez. Un. civ., ord. 4 settembre 2015, n. 17586).

LA FIDANZATA NON CONVIVENTE HA DIRITTO AL RISARCIMENTO IN CASO DI INCIDENTE MORTALE DEL COMPAGNO


La strada verso la parificazione dei diritti tra coppie sposate e conviventi more uxorio, sembra ormai essere stata percorsa e non solo per queste unioni, anche la Cassazione sembra infatti aver legittimato una sorta di “terza categoria” ossia quella della fidanzata non convivente, almeno in tema di risarcimento dei danni derivante da sinistro stradale mortale.

NUOVE TUTELE PER LE VITTIME DI REATO

Lo scorso 5 gennaio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il d.lgs. n. 215/2015, finalizzato a dare attuazione alla direttiva europea n. 29/2012, che prevede norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione alle vittime di reato e sostituisce la decisione quadro 2001/220/Gai.
Tale decreto, che entrerà in vigore il prossimo 20 gennaio, apporta diverse modifiche al codice di procedura penale, volte ad assicurare maggiori tutele e garanzie a vittime di reato considerate “vulnerabili”: per le caratteristiche personali, minori e infermi di mente, per il tipo di violenza subita, tutti coloro che hanno riscontrato un trauma in conseguenza del reato e rischiano di essere indotti alla vittimizzazione secondaria, ovvero al patimento di un nuova lesione, questa volta, però, provocato dal processo e dal ricordo della violenza subita.

giovedì 7 gennaio 2016

I CONSIGLIERI COMUNALI POSSONO IMPUGNARE LE DELIBERE DI CONSIGLIO SE RITENGONO LESI I PROPRI DIRITTI.

In linea generale, la legittimazione dei Consiglieri Comunali o Provinciali dissenzienti ad impugnare le delibere dell'organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie inter-soggettive, per cui esso rimane circoscritto alle ipotesi di lesione della loro sfera giuridica. La delibera consiliare di approvazione del bilancio di previsione, atto generale dell'amministrazione comunale, non è provvedimento incidente in via diretta sul diritto all'ufficio del consigliere comunale e quindi su un diritto spettante alla persona fisica investita della carica di consigliere. 

martedì 5 gennaio 2016

Il ciclista che ha “alzato un po’ il gomito” risponde del reato guida in stato di ebbrezza.

Il ciclista malcapitato che si metta alla guida del proprio velocipede dopo aver “alzato un po’ il gomito” potrà rispondere per il reato di guida in stato di ebbrezza.
E’ quanto ha stabilito la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 4893 del 2 febbraio 2015.
Alla luce di tale pronuncia non farà più differenza che si conduca una vettura o una bicicletta; la contravvenzione in parola sarà comunque applicabile.

giovedì 17 dicembre 2015

STRESS PER MANCATO RIPOSO. VA RISARCITO? E SE SI COME VIENE QUALIFICATO?

La Corte di Cassazione, con Ordinanza del 15 dicembre 2015 n. 25260, in un caso riguardante il servizio di reperibilità di una società privata che si occupa di trasporto pubblico, svolto nel giorno destinato al riposo settimanale, ha stabilito che le mancate pause vanno risarcite ai lavoratori come lavoro straordinario. La Corte di Cassazione in più occasioni ha precisato che la mancata concessione del diritto ad un giorno di riposo compensativo è idonea ad integrare un'ipotesi di danno non patrimoniale, per usura psicofisica, da fatto illecito o da inadempimento contrattuale (cfr. Cass. Sez Lav. Sent. 14288 del 28/06/2011 e Cass. Sez Lav. Sent. 11727 del 15/05/2013) e che questa è risarcibile solo in caso di pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesso leso, su cui grava l'onere della prova e specifica deduzione. Del resto con specifico riferimento al lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, peraltro, la Corte di Cassazione, in più occasioni, ha ritenuto (cfr. Sez. L, Sentenza n. 16398 del 20/08/2004) di distinguere il danno da "usura psico-fisica", conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, dall'ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una "infermità'" del lavoratore determinata dall'attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali e che nella prima ipotesi, a differenza che nella seconda ipotesi, il danno sull'"an" deve ritenersi presunto (cosi' anche Sez. L, Sentenza n. 2455 del 04/03/2000). La soluzione si spiega in considerazione della circostanza che nella fattispecie l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento datoriale ha una diretta copertura costituzionale nell'articolo 36 Cost. (oltre che un riconoscimento a livello internazionale nell'articolo 31 par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea), sicché la lesione dell'interesse espone direttamente il datore al risarcimento del danno non patrimoniale (a differenza di quanto avviene in altre diverse fattispecie - per le quali siffatta copertura non sussiste -, come in relazione al danno derivante dal mancato riconoscimento delle soste obbligatorie nella guida per una durata di almeno 15 minuti tra una corsa e quella successiva e, complessivamente, di almeno un'ora per turno giornaliero - previste del Regolamento n. 3820/85/CEE, nonché dall'articolo 14 del Regolamento O.I.L. n. 67 del 1939 e dall'articolo 6, primo comma, lettera a) della legge 14 febbraio del 1958, n. 138 ). Ad ogni buon conto, ritornando all'ordinanza della Corte di Cassazione di alcuni giorni fa, i Giudici hanno qualificato il danno da mancato riposo come danno da usura psico-fisica e qualificato il lavoro come straordinario con congrua ed adeguata motivazione. Tanto poiché il mancato risposo non è automaticamente assimilabile allo svolgimento del lavoro straordinario, ciò nonostante, in assenza di una disposizione normativa che possa indicare come vada quantificato il danno da mancato riposo, il giudice può benissimo determinarlo in via equitativa, con una adeguata motivazione, attraverso l'applicazione di istituti e parametri che accerta di volta in volta a seconda dei casi.

Avvocato Maria Grazia Fumarola

venerdì 11 dicembre 2015

Debitore opponente e tentativo di mediazione obbligatoria

Qual'è la parte processuale a cui spetta in caso di opposizione a decreto ingiuntivo avviare la procedura di mediazione obbligatoria? Ebbene l'orientamento giurisprudenziale, formatosi negli ultimi anni, ritiene, in maniera unanime, che sia il soggetto opponente colui che è gravato dall'onere di avviare il procedimento di mediazione e su cui incombono anche gli effetti pregiudizievoli di un'eventuale improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo (Cfr. Trib. Rimini, 05.8.2014, Trib. Firenze 30.10.2014, Trib. Siena 25.06.2012, Trib. Nola 24.02.2015).