venerdì 15 gennaio 2016

ACQUISIZIONE SANANTE ART 42 BIS DPR 327/2001 – A CHI SPETTA LA GIURISDIZIONE PER LA DETERMINAZIONE DELLA INDENNITÀ DI INDENNIZZO?

L'articolo 42-bis del Testo Unico sulle espropriazioni ha reintrodotto la possibilità, per l'amministrazione che utilizza senza titolo un bene privato per scopi di interesse pubblico, di evitarne la restituzione al proprietario (e/o la riduzione in pristino stato), attraverso un atto di acquisizione coattiva al proprio patrimonio indisponibile. 
Ma la controversia avente ad oggetto la domanda di determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, citato articolo 42-bis, è attribuita alla giurisdizione del Giudice ordinario ovvero a quella del Giudice amministrativo? Ebbene con una recente sentenza il Consiglio di Stato chiarisce come le questioni relative alla quantificazione del ristoro dovuto ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001 debbano ritenersi devolute alla giurisdizione ordinaria, ai sensi dell'art. 133, lett. g), c.p.a.  (cfr. Cass. Civ., Sez. Un. civ., ord. 4 settembre 2015, n. 17586).

Il Consiglio di Stato, infatti, parte dalle considerazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza 30 aprile 2015 n. 71, ove veniva dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42- bis del d.P.R. 7 giugno 2001 n. 327, sollevata dalle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione e dal T.a.r. Lazio con riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97, 111, commi 1 e 2, 113 e 117, comma 1, della Costituzione, è giunge alla conclusione che “il ristoro previsto dall'art. 42-bis del T.U. espropri configura un indennizzo da atto lecito, sicché le controversie inerenti alla sua quantificazione devono essere devolute alla giurisdizione ordinaria ai sensi dell'art. 133, lett. g) c.p.a.”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 71/2015, chiarisce, a sua volta, come  l'art. 42-bis descriva una procedura espropriativa semplificata nelle forme, ma complessa negli esiti, al termine della quale viene adottato un provvedimento che assorbe in sé tanto la dichiarazione di pubblica utilità quanto il decreto di esproprio; non solo ma prosegue affermando come con la sua emanazione la P.A. riprenda a muoversi nell'alveo della legalità, esercitando una funzione amministrativa degna di tutela privilegiata in ragione degli scopi di pubblica utilità perseguiti, sebbene emersi a seguito della consumazione di un illecito ai danni del soggetto ablato. 
In sostanza l'atto di acquisizione sanante sostituisce il regolare procedimento ablativo prefigurato dal Testo Unico sulle espropriazioni, e si pone, a sua volta, come una sorta di procedimento espropriativo semplificato, che assorbe in sé sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio, e quindi sintetizza lo svolgimento dell'intero procedimento, in presenza dei presupposti indicati dalla norma. Anche un recente sentenza del T.a.r. per la Toscana n. 890 del 2015 ha rilevato che "Il punto debole della teoria risarcitoria .... risiede nella circostanza che ricollega all'agire illecito dell'amministrazione anche il rimedio finale previsto dall'articolo 42-bis ...., consistente nell'emanazione del provvedimento di acquisizione sanante", mostrando cosi' di ritenere - correttamente, come osservato in dottrina - che "ad essere rilevante non è il complessivo operato pregresso, contra jus, dell'amministrazione, bensì, a valle, il provvedimento di acquisizione sanante che sia stato emanato: se è legittimo quest'ultimo provvedimento, l'indennizzo liquidato non potrà che avere natura indennitaria; con conseguente radicamento della controversia sul quantum in capo al giudice ordinario"
In conclusione alla luce delle considerazioni esposte, perciò, non più percorribile l'opzione ermeneutica, accolta dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 933/2014 - Consiglio di Stato, sez. IV, 19 ottobre 2015 n. 4777), alla cui stregua si tratterebbe di questioni risarcitorie devolute alla giurisdizione del G.A. ma può affermarsi come dichiarato con ordinanza dalla Corte di Cassazione, Sezione U civile  - Ordinanza 29 ottobre 2015, n. 22096 che, nella fattispecie delineata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, articolo 42-bis l'illecita o l'illegittima utilizzazione di un bene immobile da parte dell'amministrazione per scopi di interesse pubblico costituisce soltanto il presupposto indispensabile, unitamente alle altre specifiche condizioni previste da tale articolo, per l'adozione nell'ambito di un apposito procedimento espropriativo, del tutto autonomo rispetto alla precedente attività della stessa amministrazione (cfr. la piu' volte citata sentenza della Corte costituzionale, nn. 6.7. e 6.8. del Considerato in diritto) - del peculiare provvedimento di acquisizione ivi previsto, con la conseguenza che, ove detto autonomo, speciale ed eccezionale procedimento espropriativo sia stato legittimamente promosso, attuato e concluso, l'"indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale", in quanto previsto dal legislatore per la perdita della proprietà del predetto bene immobile, non può che conferire all'indennizzo medesimo natura non già risarcitoria ma indennitaria, con l'ulteriore corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di "determinazione o di corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa" sono attribuite alla giurisdizione del Giudice ordinario.
Avvocato Maria Grazia Fumarola

Nessun commento: